Come noto a tutti, le trattative relativamente all’accordo sullo scambio automatico di informazioni tra Italia e Svizzera, e che ricalcano il modello OCSE, vanno avanti in via ufficiale da ben 3 anni, in via ufficiosa da molti di più. Ecco, sembrerebbe che, a detta di alcune testate giornalistiche, tale accordo, che sarà presumibilmente ufficialmente firmato nel mese di febbraio 2015, avrà decorrenza a partire da quella data in avanti. A detta invece di altri esponenti di spicco del mondo bancario, nonché da ciò che avviene ed è già avvenuto nella prassi di ratifica di accordi simili, tale accordo dovrebbe avere effetto dal momento in cui ufficialmente le trattative tra i due paesi siano iniziate, ossia retroattivamente da 3 anni fa, quindi febbraio 2012. Lasciamo ai lettori qualsiasi tipo di considerazione…
Parlando invece più strettamente dell’accordo che sarà sottoscritto il prossimo mese, lo scambio di informazioni seguirà pedissequamente il modello OCSE e sarà l’Agenzia delle Entrate a chiedere direttamente eventuali informazioni a banche, intermediari finanziari o fiduciarie svizzere, relativamente a soggetti persone fisiche residenti fiscalmente in Italia. Ovviamente gli interlocutori svizzeri non potranno più eccepire il segreto bancario a tali future indagini da parte del fisco italiano. La cosa bizzarra, vista dall’angolazione svizzera, è che la norma domestica svizzera ha ancora in vigore il segreto bancario quindi ci si chiede come possano gli intermediari svizzeri dare seguito a tali richieste di ‘disclosure’ pur non essendoci una specifica deroga a livello domestico. Certamente manca qualche tassello sicuramente a livello della norma domestica svizzera. Oltre alla riduzione dei termini di accertamento a 4 anni, che decorrono dalla data di presentazione della dichiarazione dei redditi solo per coloro che avranno aderito alla ‘voluntary disclosure’, gli altri presumibili effetti scaturenti dalla firma di tale accordo saranno la fuoriuscita della Svizzera dalla lista dei ‘black listed countries’, da quella delle ‘Controlled Foreign Companies’ e da quella che non consente la deduzione dei costi.
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